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REFERENDUM

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Ce ne sarà uno il 17 aprile, il cosiddetto referendum sulle trivelle.

Si d’accordo… se raccolgo abbastanza firme, in teoria, potrei ottenere un referendum per abrogare qualsiasi norma.

Ma questo è stato richiesto da nove consigli regionali, se non erro, perché, parliamoci chiaro, quanti comuni cittadini si erano mai posti il problema delle trivellazioni in mare prima dell’altro ieri?
Ed è proprio questo il punto.
Io penso che ci siano temi su cui il popolo dovrebbe essere sempre chiamato ad esprimersi attraverso questo importante istituto di democrazia diretta. Quasi obbligatoriamente, perché essi, per loro natura, non dovrebbero o non potrebbero essere lasciati alla discrezionalità d’intervento della politica. L’aborto e il divorzio sono esempi storici tra i più importanti.
Ma ci sono altri temi in cui il referendum, da strumento democratico, diventa uno strumento per ingannare il popolo e deresponsabilizzare i governanti, ovvero per consentire loro di occultare la responsabilità di certe decisioni dietro un falso avallo popolare. Falso perché, data la specificità di quei temi, semplicemente non si dà in natura che la maggioranza del corpo elettorale possa esprimersi su di essi con piena consapevolezza.
Delle trivellazioni in mare non so nulla. Le mie conoscenze risalgono per lo più ad una interessantissima visita al Norwegian Petroleum Museum a Stavanger. Li ho imparato molto sull’argomento ma comunque un po’ troppo poco per decidere se una piattaforma (che peraltro estrae gas e non petrolio) dovrebbe o non dovrebbe continuare ad operare in un determinato sito.
Sul prossimo referendum leggo tutto e il contrario di tutto. Una quantità di dati smentiti da altri dati a seconda di cosa vuole convincermi a votare chi li pubblica.
Non ho gli strumenti, non ho le conoscenze e soprattutto non ho la capacità per poter maturare un’idea chiara sul tema proposto.
Ritengo questo referendum un presa in giro. Di più: un insulto al diritto/dovere di voto facente capo ad ogni cittadino.
Vorrei avere un governo in grado di formulare una precisa politica energetica di medio lungo termine, e, perché no, anche una politica ambientale. Vorrei che certe decisioni venissero prese da chi ha le competenze per farlo.
Trovo semplicemente ridicolo che la politica energetica e ambientale di una nazione venga, in ultima analisi, affidata all’eloquenza di uno o più blogger o giornalisti o attivisti capaci di convincere abbastanza persone a votare in un modo o in un altro.
Per questo non mi recherò a votare a quel referendum.


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