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LE PAROLE DEI PIU’ FORTI

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Le parole hanno il potere di fare interpretare i fatti. Ma come? direte voi: i fatti sono fatti e non si prestano ad interpretazioni. Eppure la storia è piena di fatti e di altrettante interpretazioni. Soprattutto quelle fornite dai più forti.

Ho visitato nei giorni scorsi il sito di Virginia Water dove si trovano dei ruderi provenienti da Leptis Magna, l’antica città sulle coste della Tripolitania che fu potente e famosa al tempo dell’Impero Romano. Cosa ci fanno questi reperti archeologici in un parco inglese? Mi viene da rispondere che essi soddisfano il gusto degli abitanti di Albione per la scenografia dei giardini. In sostanza abbelliscono il parco. Sic et simpliciter.

In una targa posta a fronte di un gruppo di ruderi si legge che ai primi dell’800 il Console Britannico in Libia “persuase” il governatore della regione, che il Principe Reggente avrebbe gradito in dono le rovine. Negli stessi anni, ad Atene, Lord Elgin “convinceva” i rappresentanti della Sublime Porta a vendere all’Impero Britannico i fregi del Partenone.

Sulla didascalia di un gioiello gentilmente imprestato dal Tesoro Reale ed esposto  al V&A si legge: “rimosso” dal tesoro di Tipu Sultan e sotto un altro appare la parola “condiviso” riferito alla spartizione di un altro tesoro di un altro rajah.

Eufemismi. Interpretazioni. Fatti.

Risibili. Opinabili. Fuorvianti.

Eppure mi vien fatto di pensare che nonostante le parole, forse (forse), dovremmo essere riconoscenti per aver preservato, nonostante la prevaricazione, pezzi di storia dell’umanità. Penso a ciò che è andato perduto dal museo archeologico di Baghdad, penso a Palmyra o Bamyan e non posso che essere grata per il canone Pali conservato alla British Library sottratto, con qualche decina di anni d’anticipo, alla furia iconoclasta della Rivoluzione Culturale.


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